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Buchi, bilanci e innocenti: i dieci anni che hanno fatto tremare la Diocesi di Terni

Nella maxi inchiesta anche il famoso buco di bilancio finisce assolto. Leggete queste carte

di Sebastiano Pasero

TERNI – Un girone dantesco con bilanci, esposti, memorie, vite di uomini. Migliaia di pagine che raccontano anni di storie di persone che gestiscono i beni della Diocesi di Terni Narni e Amelia.

Nelle grandi inchieste della magistratura a Terni sicuramente quella che riguarda il vasto patrimonio della Diocesi è tra i primi posti.
Una inchiesta che si avvia nel 2011 e che nel 2013 vede le manette ai polsi dell’economo del momento Paolo Zappelli e del direttore dell’istituto di sostentamento del clero Luca Galletti e che vede indagati eccellenti, capaci di far notizia anche a Roma come il vescovo Vincenzo Paglia – indagato in ben cinque procedimenti per associazione a delinquere – o monsignori e imprenditori a Terni conosciutissimi. Tutti assolti o ancor prima archiviati. Tutti restituiti alla loro dignità di professionisti o di uomini di Chiesa.
Ma la lunga stagione degli esposti, delle contrapposizioni interne alle Curia, dei licenziamenti, dei commissariamenti, passa attraverso i conti. Attraverso 12 anni di bilanci. La storia recente della Curia di Terni si dipana tra i bilanci certificati e approvati, tra i verbali del consiglio diocesano Affari Economici che vede il fior fiore dei professionisti ternani chiamati al capezzale del malato.

Le inchieste della magistratura partono proprio dai conti. Negli avvisi di garanzia spediti in quegli anni il pilastro – che non reggerà in Tribunale – è sempre quello: c’è un buco e il buco è servito per fare altro. Si legge in una richiesta di autorizzazione alle intercettazioni: «La situazione di grave indebitamento…. consentono di ipotizzare l’esistenza di una stabile organizzazione finalizzata a utilizzare beni e finanze della Curia a fini propri».
Occorre capire quegli anni. I 12 anni di reggenza di monsignor Paglia sono stati anni dinamici. Lui, d’altronde, quando arriva a Terni nella primavera del 2000, è già un elemento di primo piano della Chiesa italiana, è il motore spirituale della Comunità di Sant’Egidio, è uno degli animatori della Cei, scrive e pubblica tomi tradotti in varie lingue. È già l’uomo dall’intelligenza veloce e dallo sguardo che brilla. Applica il suo passo alla Curia di Terni. Scala due, anche tre marce, e viaggia largo, abbraccia la città a 360°. Convegni, premi, festival cinematografici, ma anche, soprattutto, la sua voce, la sua rete di rapporti su partite fondamentali: dalle vertenze dell’Ast, a quelle del polo chimico, idroelettrico, la grande sfida delle staminali con Angelo Vescovi.

Torniamo ai conti. Il cambio di passo riguarda anche il patrimonio della chiesa di Terni, Narni e Amelia. Sono anni di cantieri. Ci sono in pancia ancora i finanziamenti del Giubileo ma c’è anche, soprattutto, la voglia di mettere mano a situazioni di abbandono. Sono gli anni dei lavori alla Cattedrale di Terni, al duomo di Amelia, agli episcopi di Narni e Amelia. Sono gli anni della realizzazione del museo diocesano e della mensa per chi ha fame. Sono gli anni dei nuovi complessi parrocchiali a Campitello, Borgo Bovio, Ponte San Lorenzo.
Per levare decenni di polvere ci vogliono risorse. In una delle memorie difensive che hanno contribuito alle archiviazioni si legge: «Nei dodici anni di vescovado, riconducibili a monsignor Paglia sono stati compiuti interventi edilizi di ristrutturazione, risanamento, migliorie, per un controvalore di 46 milioni di euro, di cui 28 milioni e mezzo coperti da contributi a fondo perduto mentre 17 milioni e mezzo ottenuti tramite cofinanziamenti dalla Diocesi». Circa la metà di quei soldi viene spesa sulle chiese e sugli edifici legati al culto, i cosiddetti beni strumentali.
Semplice parlare di buchi di bilancio, nelle memorie difensive si evidenzia piuttosto che il patrimonio della Diocesi in poco più di dieci anni abbia subito una valorizzazione di almeno 45 milioni di euro.
Investimenti e patrimonio però non fanno liquidità.
La Diocesi di Terni per decenni ha viaggiato con un segno negativo di 350 mila euro l’anno per la spesa corrente. E se non bastasse già nel 2000 c’è un debito bancario di tre milioni e mezzo. La Diocesi paga dai 250 mila euro ai 300 mila euro l’anno di interessi. Infine ci sono tre milioni e mezzo che la Diocesi non ha mai incassato dalle parrocchie.
Ancora la memoria difensiva: «Al termine della reggenza di Paglia ci sarebbe uno sbilancio finanziario di 9 milioni, che pure ammesso e non concesso dovessero essere portati a 15 non contrasterebbero in alcun modo la enormità dell’apprezzamento patrimoniale».

Il resto è cronaca nota. Vincenzo Paglia nel 2012 va in Vaticano a ricoprire l’incarico di presidente del Pontificio consiglio per la famiglia. Dal Vaticano arriva a Terni monsignor Vecchi, amministratore apostolico. Lo Ior interviene con un prestito di undici milioni di euro.
Poco dopo esplodono i dossier e le segnalazioni in Procura. Nel 2013 le manette. Luca Galletti, era tra gli arrestati, e ha già avuto modo di rivendicare la sua innocenza esibendo le sentenze di assoluzione passate in giudicato: «La questione del fantomatico buco nei bilanci è il fondamento dalla campagna di delegittimazione che prima ha portato il fango e poi l’intervento della magistratura a fronte di segnalazioni partite dall’interno della Diocesi. L’assurdo è stato arrivare a sostenere che i soldi del buco erano serviti per finanziare altre operazioni, di tipo privato. Non c’è stato un solo euro distolto dagli impegni della Diocesi. Il nucleo tributario della Guardia di Finanza ha vagliato tutto. Fermo restando che io non ho mai avuto alcun potere di spesa, solo uno sciocco totale avrebbe potuto tentare di distogliere fondi della Curia perché la gestione di quei fondi richiede l’assenso di più soggetti ad iniziare dall’economo e il meccanismo di controllo era duplice e vedeva sia il collegio dei consultori che il consiglio per gli affari economici diocesano. Parlare del presunto buco è stato il pretesto per mettere sotto accusa dieci anni di grande movimento e interventismo di una Chiesa moderna che a Terni si è fatta sentire. Dava fastidio? Andava bloccata? Mi chiedo ancora come sia stato possibile accusare un vescovo di associazione a delinquere. Per quei dieci anni di grande opere e di grandi progetti io ho passato altri dieci anni di gogna ma sono contento di aver partecipato a quella stagione. Per il resto si sono espressi i giudici e ognuno risponde alla propria coscienza».

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