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Una guerra inattesa e un dubbio: politica e autorità finanziarie possono individuare un percorso comune?

L’analisi di Angelo Drusiani

di Angelo Drusiani

TERNI – Io credo che, a fronte di situazioni di complessa lettura, e in questa fase del pianeta ve ne sono non poche!, classe politica e autorità finanziarie dovrebbero individuare un percorso comune. A meno che le strade non siano considerate incompatibili, ma nulla, la storia ce lo insegna, è precluso all’uomo. Partirei dalla guerra in atto in estremo oriente dell’Europa. Potrebbe accadere che, improvvisamente, essa finisca, anche se apparentemente non si ravvisano condizioni in tale direzione? Scettico!

La politica che l’Unione Europea sta attuando, a parte alcuni tentativi individuali di Francia e Germania, attraverso infruttuosi colloqui con il Presidente della Russia, è l’applicazione di un numero rilevante di sanzioni, proposte ed approvate in più momenti. Se questa strategia abbia prodotto effetti concreti all’economia russa ed ai suoi abitanti non è dato sapere, almeno per ora. Per contro, non vi sono dubbi che un sensibile rialzo dei costi delle forniture russe, finché l’Occidente europeo le riceverà, ha subito, in particolare, il preziosissimo gas, indispensabile sia per l’attività industriale, sia per il riscaldamento invernale. Al punto, nel secondo caso, che le fasce meno abbienti delle popolazioni di Paesi dell’UE faticano a rispettare il pagamento delle “bollette” che bimestralmente vengono loro recapitate.
Per contro, le Banche Centrali, statunitense, di Eurozona, del Regno Unito, e altre ancora, applicano la teoria finanziaria nota come restrittiva, al fine di ridurre l’impatto dell’inflazione sui beni di consumo, soprattutto. Quanto incidano i consumi sulla crescita economica dei singoli Paesi e del globo, siano i consumi stessi essenziali per sopravvivere o siano voluttuari, è arcinoto. Il rialzo dei tassi di riferimento, per ora, non ha prodotto effetti significativi in materia d’inflazione, ma già in passato, in situazioni simili, i risultati non sono stati certo immediati. Al tempo stesso, le Banche Centrali stesse non hanno armi diverse da quelle che stanno utilizzando. Per fortuna, aggiungerei, visto che l’uso di armi, in questi mesi di guerra, se ne fa in misura più che sufficiente! Si può forse pensare che chi presiede le Banche Centrali e chi coadiuva il Presidente stesso possa chiedere aiuto alla classe politica? A mio parere sì, ma, di norma, non accade.
E qui nasce il mio dubbio: è possibile che la classe politica, più avvezza a mediazioni, non cerchi una strada per arrivare a chiudere questo incredibile capitolo della storia del Vecchio Continente? Davvero l’Occidente del globo ha solo da guadagnare, inasprendo, o quasi, i rapporti con una parte di Oriente che, in questa occasione, ha forse rotto gli indugi, essa pure senza ricorrere ad alcun tentativo diplomatico? Se così fosse, quali prospettive economiche si aprirebbero per i Paesi aderenti all’Unione Europea e per i Paesi anglosassoni? Gli scambi commerciali, in buona parte, hanno consentito al comparto tecnologico di toccare vette economiche forse inattese, grazie ad una produzione sempre più sofisticata e foriera di aiuti importanti a gran parte dell’umanità. Risultati possibili, anche grazie ad un forte interscambio commerciale tra Cina e Stati Uniti, e in misura inferiore con i Paese europei. “Nessuno è profeta in patria.” Sollevare il dubbio sembrerebbe opportuno, ma immaginare si trovi in tempi ravvicinati una via per tornare alla normalità politica, economica e finanziaria è pressoché impossibile. Soprattutto perché chi guadagna in questo crogiolo di situazioni ha tutto l’interesse a che il ritorno alla normalità sia il più lontano possibile. Il riferimento è immaginabile.
La prospettiva ravvicinata più importante sarà fra circa un mese, il 21 settembre, in occasione della riunione dell’Organo della Banca Centrale USA che deciderà probabilmente un ulteriore incremento del tasso di riferimento, forse in linea con i precedenti rialzi di 0,75 punti. L’analogo appuntamento della BCE è per il 7 settembre, e pure questa riunione verrà deciso quasi certamente un incremento di ulteriori 0,50 punti al tasso di riferimento, in pratica alle operazioni di finanziamento settimanali, richieste dal sistema bancario. Ma già ora, anzi da un mese circa, si palesa sempre più preoccupante il rischio di un’entrata in recessione delle economie occidentali, a causa degli incrementi dei tassi di riferimento delle Banche Centrali. Della inutilità della guerra in corso (utile per chi vende armi, in verità) naturalmente non se ne parla, come non si vedono spuntare, come ho anticipato, le basi per dar vita ad una risoluzione del conflitto.
Una nota di colore, ma non tanto: negli ultimi mesi la Banca Centrale cinese si dice stia vendendo titoli di Stato USA acquistati nel corso degli ultimi anni. Non a caso, le rilevazioni statistiche segnano un deciso incremento delle vendite, a livello internazionale, dei T-Bond made in USA. È di pochi giorni fa la notizia di esercitazioni militari comuni tra Russia e Cina. Notizia che fa il paio con quella delle vendite di titoli. Ma anche con il mio timore che si raffreddino sensibilmente i rapporti tra Occidente e una parte dell’Oriente del pianeta, che, dopo oltre settant’anni di lenti, ma sostanziali progressi, erano giunti a fattivi livelli di collaborazione. Con soddisfazione di entrambe le parti.
Non resta che pensare che, come già a suo tempo, si voglia esportare la democrazia, laddove essa langue. Vedremo!

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