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Il sostegno dei monaci di Montecorona agli sfollati: «Le autorità stiano vicine a chi è in difficoltà»

L’Eremo è stato risparmiato dalle scosse. Solo tre locali sono risultati inagibili

UMBERTIDE (Perugia) – Sembra incredibile ma il terremoto è riuscito a disturbare anche la quiete dell’Eremo di Montecorona. In questo suggestivo luogo spirituale risalente al XVI che sorge a 705 metri di altitudine, vivono in clausura i dodici monaci della Famiglia Monastica di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di San Bruno. L’Eremo nella sua interezza è salvo, così come l’Abbazia di Montecorona che sorge a valle. Dopo accurati sopralluoghi, tre stanze dell’edificio sacro sono state dichiarate inagibili e per questo per un po’ di tempo (speriamo brevissimo), i monaci non potranno ospitare i numerosi fedeli che ogni anno vengono ospitati per alcuni periodi di profonda preghiera e riflessione.

Dai monaci è stata fornita una toccante testimonianza di come hanno vissuto gli interminabili secondi del terremoto: «Come tutti – raccontano – le scosse del terremoto del 9 marzo scorso ci hanno sorpresi e anche impauriti».
I monaci, nel proseguire il loro racconto, esprimono preoccupazione non per il loro monastero, che «non ha sofferto danni tali da rendere inagibile l’insieme della struttura – affermano – salvo tre ambienti che dopo una verifica sono stati considerati per ora inagibili», ma per le tante persone sfollate di Pierantonio e Pian d’Assino che «non possono più abitare nelle loro case per il momento, tra cui alcune famiglie a cui siamo legati. La nostra vicinanza si esprime tramite la preghiera quotidiana per gli sfollati». Come è bene ricordare, c’è un legame profondo tra la comunità colpite dal terremoto con la Famiglia Monastica dell’Eremo.
Dai monaci arrivano anche parole di speranza per il lavoro delle istituzioni: «Preghiamo anche per le autorità civili, affinché abbiano la saggezza e la forza per prendere decisioni che tengano conto delle persone in difficoltà e diventino operative in tempi brevi».

Nell’avviarsi alla conclusione del loro racconto, i monaci dell’Eremo di Montecorona affidano «tutti al Signore nostro Creatore Provvidente e Padre Buono, fondamento saldo su cui ci possiamo appoggiare, affinché ci protegga e mantenga viva in noi la speranza», ricordando quanto scritto nel Salmo 45,1 della Bibbia: “Dio è per noi rifugio e forza. Aiuto sempre vicino nelle angosce”.
Chi sono i monaci di Betlemme? La loro famiglia monastica è nata come ordine femminile, in Francia, nel 1950, e successivamente riconosciuta dalla Santa Sede. Oggi è presente in diversi Paesi con circa trenta monasteri. Il ramo maschile, costituito nel 1976, anima alcuni monasteri in Francia, Israele e Italia, tra cui quello Montecorona. “I monaci si dedicano all’assiduo ascolto della Parola di Dio e alla preghiera del cuore in una vita di solitudine, di silenzio, di comunione liturgica e fraterna, d’obbedienza e d’umile lavoro” (dal Decreto di riconoscimento della Santa Sede). La Regola di vita di questi religiosi si inserisce nell’alveo della tradizione spirituale che fa capo a san Bruno, patriarca dei monaci solitari d’Occidente. Essa prevede, all’interno di una vita di clausura, una forte dimensione di solitudine e di silenzio, unita alla presenza di un intenso vincolo comunitario. Ed è quello che si vive tra le mura dell’Eremo di Montecorona formato da diciotto celle solitarie, una chiesa ed edifici per la vita comunitaria degli stessi monaci.
L’ultima volta che questa comunità monastica ha lasciato la clausura è stato in occasione dell’arrivo a Perugia del nuovo arcivescovo Ivan Maffeis, lo scorso 11 settembre, incontrandolo nella vicina abbazia di San Salvatore in Montecorona. Monsignor Maffeis, nelle ultime due settimane, non ha fatto mancare la sua presenza e vicinanza alle popolazioni terremotate dell’Alta Umbria, come tutta la Chiesa particolare attraverso la Caritas diocesana.

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