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La lunga malattia della sanità ternana

Iniziativa del Pd sul diritto alla salute: tantissime le testimonianze su quello che non va

Redazione Terni 

TERNI – Il medico che dopo venti giorni senza riposi viene colto da infarto. Il ragazzo gravemente malato rimpallato tra ospedale e Usl per i farmaci. Il bambino che ha bisogno costantemente di essere assistito e i  genitori sono sfiniti.  È a tratti sconfortante il ritratto della sanità pubblica che emerge nell’iniziativa di sabato mattina del Pd di Terni: Salviamo l’ospedale, difendiamo il diritto alla salute.  La sala del consiglio comunale era strapiena. C’erano molti operatori della sanità. C’erano i pazienti, E c’erano i politici. L’analisi è  quella di un sistema sanitario che non si è più ripreso dai postumi dell’emergenza Covid.  Che continua a fare i conti con le carenze di organico, con le liste di attesa per le prestazioni specialistiche, con le file chilometriche al pronto soccorso.  Il Pd mette sotto accusa la gestione dell’assessore regionale alla sanità Luca Coletto. Rammenta la battaglia per la sfiducia politica al precedente direttore dell’Azienda ospedaliera Chiarelli. Sottolinea l’errore di chiudere il pronto soccorso di Narni congestionando ulteriormente quello di Terni. Segnala  le risorse sprecate per l’ospedale da campo che ha accolto due pazienti in tutto.  Sul tavolo della presidenza il capogruppo del Pd Francesco Filipponi, il dirigente ospedaliero Giovannini e  il segretario Dem Spinelli.  In sala, tra gli altri,  gli ex sindaci di Terni Paolo Raffaelli e Leopoldo Di Girolamo. La collga (medico) di Di Girolamo Maria Grazia Proietti. Una curiosità: l’attuale candidato a sindaco del Pd Kenny si è seduto sullo scranno di Paolo Angeletti, il candidato piddino di cinque anni fa, surclassato nell’urna da centrodestra e anche Cinque Stelle.  Una analogia: anche in quel caso il nome fu scelto dalla vecchia guardia dei Dem.

Ma torniamo all’assemblea cittadina. Alle condizioni in cui si trovano ad operare i sanitari del Santa Maria. All’affermazione: «Il modello lombardo veneto non lo vogliamo».

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