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Liste d’attesa, restano a 46mila ma con “accumulo” limitato. E si va lentamente per il criterio della prestazione “sotto casa”

SPOTLIGHT di MARCO BRUNACCI | La scelta – richiesta a gran voce da tutti – di fornire il servizio nel luogo più vicino ai fragili e over 65 anni non consente di andare più veloci. Anche se ancora le strutture delle Asl non sono flessibili come dovrebbero per intercettare i disservizi e trovare soluzioni

di Marco Brunacci

PERUGIA – Liste d’attesa in Umbria. Si sono ridotte a 46mila le prestazioni sanitarie arretrate ma lì restano. E’ positivo che l'”accumulo” sia limitato, ma il numero complessivo scende con tanta fatica. E questo soprattutto per un motivo “tecnico” che era facile da prevedere. Si è deciso di fare la prestazione nel posto più vicino all’abitazione per tutti i fragili e gli over 65 anni. Era questa una delle segnalazioni di disagio più forti che arrivava dalla gente umbra e si è voluto porre rimedio.

L’obbligo, che il sistema sanitario umbro si è dato, di portare la prestazione il più vicino possibile ai pazienti delle categorie indicate, non consente di tenere una tabella di marcia più rapida di questa.
Va fatto presente anche che in Umbria nessuna amministrazione riesce a realizzare riforme tali da modificare l’elevato numero di presidi sanitari spalmati sul territorio. Certo l’orografia della regione impone certe scelte, altre invece sono determinate dal localismo, molto forte nell’Umbria dei 90 comuni e delle tante piccole patrie in competizione tra loro.
Fatto sta che ci possono essere siti che smaltiscono liste d’attesa e che potrebbero lavorare più intensamente e altri invece intasati. E una soluzione è di fatto impossibile da trovare.
Per altro scendere a 46 mila arretrati non è stato uno sforzo da poco. La sanità umbra deve fare i conti, e ormai da decenni, con l’alto numero di anziani sul territorio. Segno che qui si vive bene, che la sanità evidentemente risposte le dà. Ma anche che la richiesta di servizi è superiore alla media nazionale.
Probabilmente tutte le regioni si trovano di fronte a una nuova fase dell’assistenza sanitaria con possibili cambiamenti a livello nazionale per rendere più sostenibile il sistema. Nel mentre l’Umbria, come le altre Regioni, continua a reclamare un aumento del Fondo sanitario almeno equiparato all’inflazione.
Ciò detto interventi sull’organizzazione – niente di miracoloso, ovviamente – possono essere ancora compiuti.

Si tratta di far lavorare davvero in squadra tutta la struttura delle diverse Asl, dal direttore generale all’ultimo degli addetti, perché risultino sufficientemente flessibili.
Una delle situazioni più comuni è che ci siano pazienti che – per causa di forza maggiore, ma qualche volta anche per impegni meno decisivi e perfino per disguidi – non si presentino per la prestazione. Una struttura flessibile potrebbe tentare di sopperire a questo rilevante fenomeno.
Una struttura flessibile può essere anche in grado di modificare i sistemi di prenotazione, laddove si mostrino farraginosi.
Con controlli mirati sarebbe possibile verificare l’appropriatezza della richiesta della prestazione. Ma il rapporto con i medici di famiglia, che lavorano in situazioni veramente difficili, va tenuto in maniera diversa. Meno diktat, più confronto.
Una struttura flessibile, ma anche attenta, infine è pure in grado di vedere se esistono anomalie nelle prestazioni da parte dei vari medici e tecnici.
Per altro l’indagine a tappeto dei carabinieri del Nas, proprio finalizzata a evitare storture nei servizi che possono portare alle lunghe liste d’attesa, non ha dato risultati eclatanti su tutto il territorio nazionale e in Umbria (due casi anomali).
Un segnale, anche questo, per dire che la questione liste d’attesa è ormai strutturale e mette in discussione l’intero sistema.

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